Un pomeriggio di fine agosto, mentre ero al parco a caccia di farfalle, ho sentito un rumore tra la vegetazione. Era un suono particolare, come un ripetuto tamburellare sul legno. E, alzando lo sguardo in direzione di quel rumore, ho visto in lontananza la sagoma scura di un picchio che, controluce, becchettava il tronco di un albero!
La decisione è stata immediata: sarei tornata in un momento di luce favorevole, con un obiettivo adatto alle riprese in lontananza, e avrei immortalato il volatile.
Così una mattina, di buon'ora, sono tornata al parco. Per il mio appuntamento con il picchio mi ero anche vestita a dovere: pantaloni verdi e maglietta color sabbia, non proprio una tuta mimetica ma quanto di meno visibile ero riuscita a trovare nell'armadio, per cercare di non dare nell'occhio e di non disturbare la mia piumata "preda".
La macchina fotografica l'avevo preparata la sera precedente, per non correre il rischio che, assonnata prima dell'alba, potessi trascurare qualcosa. Obiettivo 75/300 caricato e pronto all'uso, niente poteva andare storto!
Appena raggiunto il Parco Lura, però, realizzo che la caccia potrebbe essere ben più complicata del previsto. Mentre io cerco di passare inosservata, infatti, lungo i sentieri chiacchierano arzille vecchiette che portano a passeggio - non sempre tenendoli al guinzaglio - i propri amati cagnolini, piuttosto propensi a zuffe più o meno giocose, più o meno rumorose; uomini e donne in tutine sgargianti si concedono una tonificante corsetta prima di andare al lavoro, parlando tra loro o sbanfando dentro un telefonino.
Mi acquatto tra l'erba, con una buona visuale sull'albero del picchio, e mentre aspetto la sua comparsa sento quello che, alle sette del mattino in un parco, suona come un vero e proprio baccano: chiacchiere, c'è chi parla al cellulare mentre ansima per la corsa, due signore si scambiano ricette, un anziano richiama inutilmente il proprio cane, sparito chissà dove all'inseguimento di un atterrito leprotto (di cui ho intravisto soltanto le lunghe orecchie)…
Ma come caspita abbiamo fatto a non estinguerci? Non abbiamo zanne nè artigli, siamo chiassosi e puzzolenti (che si tratti di sudore o di deodorante, comunque il nostro odore viene percepito quasi con violenza dagli animali, prede o predatori che siano), non abbiamo la minima idea di come mimetizzarci… Mentre rifletto sul mistero dell'evoluzione umana non perdo di vista il "mio" albero del picchio, ma passa un'altra mezz'ora senza che accada nulla.
Il parco si fa via via più silenzioso, vuoi perchè chi doveva andare in ufficio ha ormai terminato la sessione mattutina di corsa, vuoi perchè inizia a piovere.
In lontananza, ben nascosta dalla vegetazione, una volpe lancia il suo richiamo; da qualche parte, tra le foglie sopra le nostre teste, canta una cinciallegra. Ma tutto ciò che riesco ad avvistare, oltre agli insetti che si risvegliano nel prato dove sono accovacciata, sono dei merli, dei piccioni e delle tortore dal collare. Non esattamente delle rarità…
Del picchio neppure l'ombra.
La pioggia inizia a farsi insistente, così, a malincuore, decido di rinunciare all'impresa. Mi alzo in piedi e quasi faccio venire un colpo ad una signora, che non mi aveva vista nel prato (oh, ma allora ero ben mimetizzata!). Sfodero un sorriso cercando di essere rassicurante, saluto e mi incammino verso casa.
Se i cacciatori armati di doppietta avessero la mia stessa fortuna non dovremmo preoccuparci del benessere degli animali!
Se vuoi chiacchierare o lasciare un commento, passa sul mio blog principale Nonsolobotte, ti risponderò con piacere. (Questo è solo un album fotografico).